Paola Maugeri: “L’ecologia dell’anima ci salverà”

Paola Maugeri: “L’ecologia dell’anima ci salverà”


“Davvero ancora ci dobbiamo ricordare di chiudere l’acqua mentre laviamo i denti?”. Più che indignazione è sconforto quello che trasmette Paola Maugeri, in collegamento dalla sua dimora di Malmö, quando le chiediamo cosa vuol dire essere “sostenibili”. “Questo per me è preistoria, l’ho già testimoniato in prima persona e lo ripeto da venticinque anni, da quando venivo vista come ‘estrema’. Nel 2009 e subito dopo la Conferenza sul clima dell’Onu (Cop15) di Copenaghen, con la mia famiglia (mio figlio aveva tre anni), avevo deciso di vivere a impatto zero (o quasi) per un anno. Allora ho dimostrato che si poteva fare. Dopo dieci anni vedo che poco o nulla è cambiato, ma possiamo ancora rimboccarci le maniche”, spiega con pazienza e una buona dose di ottimismo.
 

L’ambiente è sempre stato al centro della sua attenzione di vj, speaker radiofonica (in onda su Virgin Radio), scrittrice, podcaster, youtuber e ora anche instagrammer con 140mila follower. Paola Maugeri, 53 anni, si definisce “divulgatrice di stile di vita consapevole”.
 

“Perché si parla tanto di consapevolezza, ma la consapevolezza non esiste se non la si usa per lavorare su se stessi. Dobbiamo svegliarci da questo stato di sonnambulismo psichico. Vedo che la maggior parte delle persone sopravvive, non sa che spazio sta occupando, e invece è importante sapere qual è il tuo spazio vitale attorno. Siamo molto nella mente, poco nel corpo”.

Accendere la mente e spegnere il contatore: tanto è servito per capire l’impronta del suo corpo, come racconta nel libro “Con passo lieve – La mia vita e le mie ricette a impatto zero” (Pickwick, 2019). Perché è così importante trasformarsi da consumatore a consum-attore?
 

“Il corpo, che è il nostro tempio, oggi viene riempito da cibi dozzinali e affamato da diete aberranti, portato allo stremo della sua resistenza per produrre senza sosta e contribuire a una crescita infinita che non è più sostenibile. ‘Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza’, per dirla con Dante. Siamo nati per acquisire la conoscenza, assieme alla virtù: dobbiamo capire che tipo di esseri umani siamo e stiamo diventando, quale tipo di contributo abbiamo dato finora e quale vogliamo dare da domani. Sono domande molto semplici eppure vitali, se vogliamo esistere in quanto esseri umani e smettere di distruggere l’ambiente”.
 

“Professione essere umano” è il titolo del suo “eserciziario” appena pubblicato (Rizzoli), più che un vero manuale, una raccolta di riflessioni che si alternano a pagine bianche, pronte ad accogliere appunti di chi vuole provare a diventare un “essere umano migliore”. In che senso?
 

Professione essere umano è un capitolo della mia vita pieno di quel che ho vissuto. Il mondo che ci circonda ci porta a essere in lotta con noi stessi, a desiderare cose che non sono raggiungibili perché si tratta solo di bisogni indotti e non primigeni dell’uomo. Così, pensiamo di non avere né incassare mai abbastanza. Ma non è così: viviamo in un mondo distratto, nel quale ora è importante ricominciare ad occupare il proprio spazio”.

Lei che in Italia è stata una pioniera della sostenibilità ha scelto di vivere in Svezia. Come mai?
 

“Quando sono stata ambasciatrice per il protocollo del clima di Copenaghen ancora non esisteva il ponte tra Danimarca e Svezia e già guardavo al di là, sognando di vivere a Malmö. Finché, anni dopo, non è arrivato davvero il momento di vivere in un Paese in cui l’ecologia dell’anima fosse all’ordine del giorno: qui niente è spinto fino a stressarti, neppure la scuola e il lavoro. È una questione di fiducia nel sistema e di responsabilizzazione nei confronti della società civile. La sensazione è di poter essere un essere umano indipendentemente da quanto performi, o dal tuo conto in banca”.
 

Una sostenibilità del cuore?
 

“Parliamo tanto di riforestazione (e ci sta) ma ci sfugge che, se non diventiamo sostenibili con i nostri sentimenti, continueremo a depauperare il Pianeta. Per questo ho avviato una piattaforma di mentoring, che si chiama Humans, promuovendo la meditazione per migliorare se stessi e il mondo che ci circonda”.

Ha abbracciato una dieta vegetariana a dodici anni e il veganismo a trenta. Ora il mondo sta scoprendo la dieta a base vegetale a causa dell’impatto delle proteine di derivazione animale sulla salute, nostra e del Pianeta. Crede si tratti solo di una moda?
 

“Ma ben venga! Abbiamo stravolto la nostra vita e i nostri corpi con mode folli tra capelli tinti, sopracciglia depilate e pance piatte fino allo sfinimento della fame… E se anche l’alimentazione senza crudeltà verso gli animali ora diventasse una moda, non potremmo che beneficiarne tutti”.
 

Il Natale è la festa dell’abbondanza. Come lo ha trascorso?

“Ricordiamoci che il Natale arriva nel momento più buio dell’anno e impone di portare la luce. È un fatto meteorologico e anche per questo la tradizione vuole che si semini ciò che germoglierà in primavera. Il mio 25 dicembre è stato di una semplicità francescana, lontano dagli eccessi del consumismo che ci invade di scarti di cibo e di oggetti che spacchettiamo e poi gettiamo via. Riappropriarsi di una gestualità più vicina all’essere umano, ad esempio cucinando piatti semplici, oppure scrivendo il proprio pensiero su un biglietto, può farci sentire meglio. Questa è la mia ricerca di una abbondanza interiore, che può accendere la luce dentro ciascuno di noi”.
 

Niente di più lontano da quel che per molti rappresentano oggi i social network. Eppure, lei li usa tutti i giorni per raccontare la sua esperienza che – a leggere i commenti – sembra essere condivisa e apprezzata da tante persone, è così?
 

“L’uomo cresce e impara per imitazione: noi siamo il prodotto del nostro ambiente. E scrollando su Instagram tutto il giorno vediamo per forza immagini che entrano a far parte dell’immaginario. Mi sono semplicemente chiesta ‘cosa voglio offrire a chi mi guarda?’ L’ispirazione, mi sono risposta. Se ballo nei miei post è perché ho il profondo desiderio di comunicare che è possibile vivere una vita all’altezza dei propri sogni. Se lo ha fatto una persona che si è evoluta grazie alle proprie risorse, come me, allora lo possono fare tutti. I nostri contatti online entrano a far parte della nostra vita al punto che li vediamo più spesso dei nostri parenti, ma deve essere un atto di volontà”.
 

Quella che promuove è una rivoluzione spirituale. Guardarsi dentro per salvare noi stessi e il mondo?
 

“Esattamente. Nessuno ci insegna a respirare, mangiare, fare l’amore e parlare con coscienza. Se non sappiamo gestire i nostri sentimenti non andiamo da nessuna parte. E io voglio portare questa liberazione su Instagram o qualsiasi altro mezzo di comunicazione, provando a vivere da donna libera non ‘di fare le cose’ ma libera dall’ottusità. Libera di scegliere”.
 

Musica e resilienza hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua vita (Rock and resilienza, Mondadori, è del 2018). Dopo aver intervistato più di 1.300 rockstar, lei ha raccontato di come Michael Stipe le ha aperto gli occhi sull’ecologia con la frase “What goes around, comes around”. C’è qualcun altro che le ha “insegnato a stare al mondo”?
 

“Ho incontrato Michael Stipe tre volte ed è stato fondamentale per la mia formazione ecologista. Così come Bono Vox, Patti Smith, Lou Reed, Chris Martin mi hanno insegnato tantissimo. Di recente Roger Waters dei Pink Floyd mi ha fatto capire cosa voglio. Durante un’intervista a New York, gli ho chiesto cosa lo portasse – con 300 milioni di dischi venduti alle spalle – a fare 300 live all’anno in giro per il mondo. Mi ha risposto: ‘Perché con la mia musica voglio portare le persone a investigare sulla propria capacità di empatia’. Allora mi sono chiesta cosa avrei potuto fare io per rendere il mondo un posto migliore. Ho comprato un microfono da 40 euro, registrato un podcast che ha fatto 500mila ascolti e fondato una community che ora conta 22mila persone. Così è nato Humans, un luogo dove posso condividere il mio pensiero senza filtri”.
 

Cosa chiede a se stessa per il 2022?
 

“Continuerò a chiedermi cosa posso portare nel mondo. È sbagliato pensare che solo Bono o Laurie Anderson abbiano un talento: ciascuno di noi ne ha uno e tutti siamo chiamati a piantare il nostro seme. L’importante è trovare la propria vocazione per esistere senza distruggere”.





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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2021-12-31 08:14:25 ,
www.repubblica.it

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